Riflessione di Tommaso Romano ad un anno dalla fondazione del Partito Tradizional Popolare

IMG_1974.JPGSe solo si trattasse di ricordare un anno di fondazione del Partito Tradizional Popolare, potremmo rimandare alla mole di notizie, iniziative, prese di posizione, dichiarazioni e attività pubbliche e di formazione, intraprese con impegno costante e a vasto raggio, in quasi tutte le regioni d’Italia e, specialmente, in Sicilia, con i nostri splendidi dirigenti, iscritti e simpatizzanti. Ma ciò  sarebbe una sorta di autocompiacimento, titpico di chi si sente al centro di una straordinaria impresa, che è in realtà, invece, è da considerare un seme che si è appena piantato e che va curato per farlo germogliare.

Più conducente, più utile è riflettere sull’esperienza compiuta, senza dimenticare che una sigla, seppur impegnativa come la nostra, non è frutto di una alchiamia, di una improvvisazione, di termini e aggettivi, che si uniscono in libertà, per creare una denominazione.

Noi, per esperienza, cultura e militanza, veniamo da lontano e ancor più lontano vogliamo andare.

Scelta ineludibile era ed è innanzitutto quella di praticare il nostro profilo proprio, che va ben oltre la stantia definizione che la prassi politica assegna a forze antagoniste e alternative, comela nostra.

In realtà, rivendicare un profilo identitario così netto come il nostro, sarà stato pure un azzardo, un atto velleitario e irrealistico per quanto si vuole, ma non potevamo che ribadire, associandoci liberamente, il nostro esserci completamente, e senza travestimenti o altri fini reconditi, quali un posticino in un cda o al Parlamento o negli Enti locali. Ciò, e lo abbiamo praticato oltre che teorizzato, seppure con ampie aperture di credito verso altre forze politiche, in qualche caso che ci pareva nodale, non ha però sortito riscontri concreti per un autentico processo unitario di forze affini. Perchè l’obbiettivoo non è l’orticello nostro, nè tantomeno la setta, il gruppo dei “puri” fuori dalla realtà e dalla storia, quanto una forza che si possa affermare con aperture e chiarezza e senza sottovalutare in nome della tattica, ciò che è invece il fine fondante di una presenza, di una cultura e di un deposito spirituale che vogliamo incarnare sempre meglio e rappresentare senza albagie di esclusivismi.

Abbiamo così percorso molte migliaia di chilometri sul cammino di conoscenza e di rapporti, molti dei quali fruttuosi ed utili. Ma il vero nemico incontrato è l’individualismo in agguato, l’incapacitante e sterile dimensione dell’hortus conclusus, di tanti amici a parole.

Cosa è allora materia di bilancio di questo periodo?

Anzitutto la continuità, la caparbia ricerca di un profilo non astratto e irrealistico per il P.T.P. Abbiamo così messo a punto molte riflessioni pubbliche e pubblicistiche, da protagonisti sul tema del 150° dell’unificazione italiana, la mala unità, che lungi per noi dall’essere considerata evento miracolistico, è stata una rivoluzione profonda inferta all’humus profondo della cristianità e dei popoli italiani.

Ancora la puntuale ananlisi sull’implosione della partitocrazia italiana per autodemolizione, incapacità e limiti obbiettivi di una classe politica di autocrati e di nominati dall’alto, che ha prodotto l’odierno governo di tecnocrati determinati a salvare grandi interessi e capitali sullo sfondo “europeo” di un mondialismo reale che opera, disprezzando, di fatto, la libera volontà e autodeterminazione dei popoli. Il quadro è avvilente, oltre il tartassamento contro i deboli e che non scalfisce affatto i grandi capitali accumulati, anche all’estero. Alcuni segnali importanti vanno adesso esaminati come indirizzi estremamente positivi: la rivolta dei “Forconi” e di cento altre categorie, spremute come non mai dai “risanatori”. Il ceto medio che prende gradualmente coscienza, l’area del non voto a una partitocrazia autodemolita che si è arresa ai grandi poteri, per operare la “scanna” sociale e poi tentare di riprendere il timone. Una fase storica assai complessa e tuttavia da governare e non lasciare al ribellismo e allo spontaneismo e neppure alle strumentalizzazioni. E’ positiva la nascita, ad esempio, del “Movimento per la Gente” di Maurizio Zamparini, che oltre a cavalcare giustamente la protesta, deve al più presto proporre con determinazione soluzioni alternative praticarle e rappresentarle in ogni sede, la voglia di dissenso, la forza della disperazione, l’insorgenza.

Le alchimie della vecchia politica e dei vecchi politici (si è vecchi anche a trent’anni, si badi) deve incontrare l’attesa non tanto del ”nuovo” che è un salto quasi invocato miracolisticamente e senza contenuti alternativi, quanto un progetto che noi del PTP abbiamo, con modestissime forze e senza risorse e per la nostra piccola parte, enunciato e che il nostro blog documenta con quotidiana costanza.

Alla dittatura della finanza, allo strapotere tedesco, all’Europa inane che non ci piace come del resto questa Italia (per parafrasare Prezzolini), abbiamosaputo indicare e tessere programmi e strategie che, non certo asusticamente, possono dirsi un piccolo e concreto modello per rgionare senza dogmi sulla polis, senza troppa retorica sicurezza e senza trionfalismi convinti però di rappresentare un immenso bagaglio di civiltà, di principi, di idee, di valori della tradiziona civile e spirituale cristiana e classica, di solidarietà attualizzata nell’ora presente a difesa della vita, della libertà, del lavoro, del giusto salario, contro monopoli e duopoli, per le identità, per i popoli oppressi dal fisco e dal centralismo rapace, per una nuova statualità autenticamente federale e veramente in grado di affermare l’ordine civile le libertà locali, le vocazioni e l’integrità del territorio, la storia, la cultura dei popoli rispetto a una globalizzazione mondialista del denaro e dell’usura.

Abbiamo, oggi, molti interlocutori e dobbiamo saper guidare e scegliere per la nostra navicella, per il futuro dei Tradizionalpopolari.

A un anno dalla nostra fondazione inizia la fase due del PTP, che vogliamo far germogliare ancora, senza esclusivismi settari e isolazionismi sterili e velleitari. Decidendo, senza nulla cedere di non negoziale, per una stagione di rinnovato impegno che possa tradursi in presenza sul campo e convergenze sincere. Non solo come testimoni nobili ma inefficaci, ma come consapevoli protagonisti di una lotta dura che si matura e si attua ogni giorno a partire da ciò in cui crediamo e per l’orizzonte del bene comune che non può rendere codardi gli uomini e le donne libere e coraggiose.

 

                  Tommaso Romano

Presidente del Partito Tradizional Popolare

 

 

Riflessione di Tommaso Romano ad un anno dalla fondazione del Partito Tradizional Popolareultima modifica: 2012-01-31T23:35:09+01:00da torreecorona
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