L’essenza e il profumo del nichilismo di Piero Vassallo

Il “Dizionario dei luoghi comuni”, scritto da Gustave Flaubert negli anni durante i quali stava appassendo la sua fede nei valori democratici, è un raffinato modello di stile letterario, che può essere proposto agli aspiranti critici, vogliosi di confutare e mettere alla berlina le banalità trionfanti per l’influsso delle scuole progressiste.

 Purtroppo l’eleganza satirica non è adatta a penetrare nel retroscena delle scuole postmoderne. La sciocchezza e la volgarità, infatti, sono profumi che non rivelano la natura della filosofia a monte del nichilismo ma la occultano o la banalizzano.

 Indimenticabile segno dell’inadeguatezza della satira quantunque raffinata sono le curiose contraddizioni di Flaubert, implacabile flagellatore della stupidità e tuttavia non indenne, come ben sanno i lettori di Salambò, dalle grottesche suggestioni erompenti dall’esoterismo.

 Il fatto è che la ridicola sciocchezza rappresenta solo se stessa. Gli sciocchi, il boccaccesco Calandrino o i flaubertiani Bouvard e Pécuchet, testimoniano comicamente la fede nel pensiero magico di giornata, la leggenda della pietra filosofale o il mito dell’evoluzione eterna.

 Gli sciocchi sono interpreti maldestri di filosofie sgangherate, mal digerite dall’osteria o dalle redazioni dei quotidiani popolari.

 Tuttavia la ridicola ingenuità rende gli sciocchi impermeabili alle fumose elucubrazioni dei filosofi. La stupidità è perpetua, mai aggiornata e perciò più incline alla fede nella quisquilia che allo studio del pensiero filosofico. In definitiva: il profumo della volgare e perpetua stupidità non può essere legittimamente associato alla discesa della filosofia nel sottosuolo nichilista.    

 Elegante e implacabile critico della volgarità postmoderna, Luigi Iannone, autore del saggio “Il profumo del nichilismo”, appena pubblicato da Marco Solfanelli editore in Chieti, non riesce a resistere all’abbaglio, che induce a vedere la figura tenebrosa del nichilismo nei fastidiosi segnali lanciati dalla volgarità, scientificamente organizzata dai profittatori in azione sulla scena postmoderna.

 Una tale confusione è possibile quando si dimentica che il nichilismo è generato dal delirio filosofico degli autodistruttori e non ha dunque rapporto con la volgare banalità.

 Suggerito dalla sociologia estetizzante, in circolazione incontrollata nell’area neodestra, l’oblio della storia della metafisica impedisce di vedere la convergenza di nichilismo e pensiero debole nella lucida follia che è intesa alla svalutazione dell’essere e alla devastazione della metafisica.

 Pier Paolo Ottonello ha proposto una perfetta definizione della tracotanza del pensiero antimetafisico: “Il nichilismo come negazione radicale o metafisica è negazione del senso dell’essere e degli enti in quanto fondati nell’assolutezza dell’essere. Nichilismo è dunque l’assoluta negazione di ogni assolutezza“.

 Nichilista è la lezione di Leopardi intorno all’invincibile malignità e vanità del tutto. Nichilista è Max Stirner, il qule afferma: “L’unico assoluto sono io stesso che nega ognoi assoluto ovvero che si nega ponendosi come assoluta negazione”. Nichilista è il giudizio di Friedrich Nietzsche sul mondo che infinitamente rotola su se stesso senza una ragione. Nichilista è la sentenza di Jean Paul Sartre, secondo cui “vivere è far vivere l’assurdo“. Nichilista è la definizione heideggeriana dell’uomo pastore del nulla. Nichilista è il fantasma della de-creazione, che affascina Massimo Cacciari lettore gnostico di Simone Weil. 

 Cornelio Fabro ha peraltro dimostrato  che il nichilismo si manifesta nell’inzio della filosofia hegeliana, dove è posta l’uguaglianza dell’essere e del nulla.

 Ora il pensiero nichilista non solleva ridicoli profumi ma sgradevoli odori d’obitorio. Chi legge gli interpreti qualificati della deriva nichilista, ossia i roventi critici della moderna stupidità, ad esempio Julius Evola, Emil Cioran, Jacob Taubes, Elemire Zolla, Roberto Calasso, Sergio Quinzio, Massimo Cacciari ecc. avverte l’odore cadaverico della disperazione intelligente non il profumo della pedestre banalità.

 Odori del nichilismo sono i delitti contro la vita e contro la salute mentale: l’aborto, l’eutanasia, l’inversione della sessualità, l’uso di droghe, il fracasso della musica rock.

 Cercare, come fa Iannone, la graffiante firma dell’antimetafisica nelle strategie dei supermercati, nell’uggiosa retorica dei comizi, nella desolazione degli spettacoli d’intrattenimento, nell’uggia delle telenovelle, nelle lacrimose storie delle principesse birichine e delle sconvolte star,  è una fatica estenunate, dalla quale si può ottenere solamente un modesto risultato: la dimostrazione che l’incremento degli stati d’animo disperati abbassa il tono della normale stupidità. 

 L’intelligenza e lo stile affascinante di Iannone, infatti, sono sprecati dalla ricerca vana di bersagli grossi nella foreste di soggetti appartenenti all’infinitamente piccolo, all’effimero e all’insignificante.

 Nella parzialità dell’assillo estetico in rivolta contro la sciocchezza, si manifesta la fragilità della cultura neodestra, condannata a procedere a rimocrchio della sociologia sinistrorsa e del salottiero moralismo. E si contempla ultimamente l’urgenza di una cultura sostanziata di pensieri atti a ostacolare da destra l’offensiva dei distruttori filosofanti, in guerra da sinistra contro la civiltà cristiana.            

L’essenza e il profumo del nichilismo di Piero Vassalloultima modifica: 2012-06-08T17:20:00+02:00da torreecorona
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Un pensiero su “L’essenza e il profumo del nichilismo di Piero Vassallo

  1. Signore e signori, amici vicini e lontani, leggere Piero Vassallo non è cosa da poco. La questione del nichilismo è rivelatrice, come una cartina tornasole, degli effetti psicosomatici che ottundono la serenità e i ragionamenti di ogni pensatore antinichilista. Inosmma, stiamo male senza essere malati. Perchè “malata” è questa società. La stupidità, insomma, dà fastidio per definizione, a prescindere da quanto di stupido sia stato affermarto sia da un parlatore (il parlamento è tale, perché è il luogo dove si parla) che da uno scrivente (cosa diversa è “lo scrittore”); nel senso, che il nichilismo è una presenza ostile che denota la moda all’insulsaggine e alla superficialità, i canoni pseudo-culturali inerenti a ogni epoca decadente. Epoca decadente fu quella dei “picari”; ma altrettanto decadente è il ricorso ai ribaltoni politici che di punto in bianco tradiscono le promesse programmatiche e la fede-fiducia degli elettori. Ciononostante, quest’ultimo è il malcostume politico asservito al profitto del cucuzzaro. Ma, per decadenza, intendo non solo il disdoro morale a cui ci obbliga l’apologia del potere e la sottomissione al denaro, ma soprattutto il disconoscimento delle “cose dell’Uomo”, cioè dei fenomeni e degli eventi che contraddistinsero l’appartenenza al genere umano. Secoli trascorsi a parlare d’amore, patriottismo, altruismo, coraggio e fedeltà; secoli trascorsi a contare le opere di genio che inuzzolirono il viandante e che oggi fanno la fama di popoli o la notorietà dei cervelli dediti a fare il bene dell’umanità. Certo, ci sono state anche le guerre… Purtroppo, ci sono tuttora… Tuttavia, accettare l’inevitabile non equivale a fare “nichilismo”, bensì significa dare spazio alla dimensione connaturata non alla guerra, ma allo stato della storia, che per quanto riguarda l’umanità si tratta di una carriera folle. Inevitabile, ma folle. In termini di giudizi di valore, il nichilismo distrugge sitematicamente il passato, avvilendolo in problematiche senza senso, talmente dissacranti da fare sparire la continuità con il futuro. Intendo dire, che dalle guerre abbiamo imparato (noi Non nichilisti) a fare la pace. Invece, subiamo le conseguenze planetarie del nichilismo che prolifica in cronotopi inconcludenti: spazi, stati, tempi e dimensioni nati già adulti da parti incredibilmente ermafroditi ma socialmente ipnotizzanti come una negromanzia e non come un benefico incanto. Ecco. Dopo l’illuminismo e la democrazia costituzionale, dopo la unificazione delle frontiere commerciali e anagrafiche, durante la gigantomania della globalizzazione e l’ubiquità dell’informazione, non abbiamo “taxa” a cui riferirci con l’orgoglio e l’obiettività della storia, bensì siamo il genere umano inversamente proporzionale all’esperienza storica e direttamente proporzionale alla stupidità del nichilismo, assertore di un nuovo genere “apodictus” per l’incapacità di dire cose sensate, di essere seri e umili e altruisti nei confronti del prossimo. Sono rimasti gli “awards” a ricordarci che siamo esseri intelligenti. Oltre alla scienza, anche il cristianesimo ha spiegato molto in proposito. Tuttavia ora, e non è una battuta, non c’è più religione. Invece, noi intellettuali di qualsivoglia disciplina, sentiamo il fastidio appiccicoso di un malessere psicosomatico che i millenni dell’umanità e dell’umanesimo avrebbero dovuto scongiurare fino all’estinzione come il terribile vaiolo non è più una malattia esistente. La cultura è un antidoto contro il nichilismo e chi è ha dimestichezza con i libri, ma anche chi è aduso al pensiero in quanto “balsamo” secreto dal cervello come il fegato secerne la bile, sente il nemico nichilismo una presenza ostile che ottunde la mente, avvelena l’aria e fa paura al futuro, quasi fossimo avventori fra le dune del Sahara che ha ingurgitato senza preavviso acqua, bussola e mappa.
    La gnome di questa avversione alla moda nichilista è che la filosofia è una cosa seria, mentre la bassezza in senso lato, fa nascere schiavi che saranno servi anche sui troni. I nichilisti sono insulsi promotori di insulsaggini.
    Grazie per l’attenzione.

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