Apprezzamento per Massimo Russo

Il Partito Tradizional Popolare esprime solidarietà e apprezzamento al
magistrato Massimo Russo sia per il lavoro svolto durante il suo mandato di
assessore sia per la dignità, cosa rara in certi ambiti, dimostrata con le sue
dimissioni, poiché ha preferito uscire dalla scena politica dopo avere
costatato l’impraticabilità del servizio che in questi anni ha offerto
coraggiosamente alla Sicilia. 
Le dimissioni di Massimo Russo, smascherano
la vera natura del così detto Nuovo Polo fondato da Lombardo, Miccichè e Fini che
cela soltanto su un accordo di potere ai danni della nostra terra dietro il
sipario di un sicilianismo fasullo. Onore a chi come Massimo Russo si rifiuta
di esserne parte.

Apprezzamento per Massimo Russoultima modifica: 2012-08-31T00:48:01+02:00da torreecorona
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Un pensiero su “Apprezzamento per Massimo Russo

  1. Tempo prima, riuniti nell’agorà, gli Accurafati istituirono all’unanimità la categoria dei Fideli.
    I Fideli avrebbero verbalizzato la cronaca, gli eventi da ricordare, le decisioni di Oscuro, la nascita di usi e costumi da tramandare. Orripìlia e il suo popolo meritavano la notorietà. Così grugnirono e stridularono nell’agorà gli Accurafati prima di sottoporre la decisione ad Oscuro che subodorò la possibilità di far parte di un’altra historia, da sovrano impeccabile. «La mia storia sarò io, quella che io vorrò» intuì, e l’opportunità dei Fideli gli piacque tanto da ordinare agli anziani di istruire i giovani nominati dal popolo.
    Un vero colpo di fortuna che diede la stura all’istruzione obbligatoria; ma anche alla burocrazia, incarnata dai Fideli, i fiduciari del Re, privilegiati nell’incanto della corte con un posto nella carriera (per quel che riguarda Oscuro e Orripìlia) dell’odio. Furono gli antesignani degli attuali impiegati che ora come allora, non pensavano, non si indignavano, non commentavano, non concludevano, eseguivano e basta.
    Lo Stato é una lunga storia di inettitudine…
    Ai tempi di Orripìlia non si versavano gli stipendi, i sovrani decidevano di vita e di morte a piacimento e la vita dei sudditi era soltanto sfamata, il necessario a restituire le forze ai lavoratori. Ciononostante, essendo esperti nella prestigiosa arte del leggere e dello scrivere, i Fideli non si abbandonavano ai pettegolezzi o alle illazioni supponenti dei moderni stipendifici. Loro, prendevano atto e basta.
    Tuttora è così. Lo Stato è ancora una cosa stupida che «prende atto» e basta, aggravato dagli impiegati che lavorando per farsi nobilitare, non producono interesse pubblico. Delle due l’una. O sei un uomo, o sei un impiegato. Dunque, soddisfacendo soltanto l’impianto che idealizza l’interesse pubblico, questa de nobilitate serve all’arrivismo personale e alla destrutturazione di un comando implicitamente poco capace, spesso inconcludente, fifone e inconcludente fino allo spreco. Non ci sono audaci fra gli impiegati, non esistono. Ci sono invidiosi, bugiardi e delatori; ci sono corrotti e ignoranti fanatici; ci sono le certezze dei paranoici in costante delirio d’onnipotenza. Insomma, c’è molto poco di seducente oltre all’alibi del lavoro che nobilita l’uomo. Storia è, al di sopra di ogni pregiudizio, che dopo i primi vagiti, il primo genetliaco di qualsiasi organizzazione sindacale era già ricco di compromessi miliardari.
    I Fideli, antesignani di una deontologia intitolata al «rapporto esclusivo», dopo le esecuzioni dei bambini non delirarono, ma furono veri rivoluzionari. Verità e deontologia che riscatterebbero la meritoria fama degli italiani popolo di scienziati, artisti, poeti e navigatori. E non di eurocoglioni.

    Grazie per l’attenzione.
    Marcello Scurria (scrittore)

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